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Presentati oggi gli affreschi restaurati nel Chiostro del Duomo a Bressanone

Gli affreschi, sottoposti di recente a restauro sotto il coordinamento della Ripartizione beni culturali della Provincia, sono quelli della 14. e 15. arcata del Chiostro del Duomo di Bressanone. Il chiostro, decorato con vari affreschi di motivo religioso, risale al Medioevo. I lavori di restauro eseguiti sono stati illustrati questa mattina (8 agosto) nel corso di una visita guidata.

Il Chiostro del Duomo di Bressanone

Il chiostro di Bressanone custodisce certamente il massimo patrimonio di pitture murali del periodo gotico in Alto Adige, dal primo gotico dell´inizio del Trecento fino al tardogotico del primo Cinquecento. I tre restauri di affreschi del chiostro finora eseguiti sono rappresentativi della storia del restauro e della conservazione dei beni culturali in generale.

Le scelte riguardanti gli interventi sulle pitture, il rispetto dell’originale ovvero la sua manipolazione nel senso della ricostruzione e della reintegrazione, nonché i più diversi metodi e materiali per la conservazione conformemente allo stato delle conoscenze delle varie epoche sono espressione dell’atteggiamento dell’uomo nei confronti del patrimonio culturale del nostro passato.

Il restauro, sottolinea la dott.ssa Waltraud Kofler Engl, dell’Ufficio Beni Architettonici ed Artistici della Provincia, presuppone una conoscenza approfondita dell’oggetto, dei suoi problemi, dei materiali e dei metodi da impiegare. Tutti i soggetti coinvolti nei lavori di restauro hanno dato il loro meglio nell’ambito delle attuali conoscenze della materia. Il costi del restauro hanno ammontato a 32.064,00 euro e 685,44 euro per le analisi chimiche.

I primi lavori di manutenzione degli affreschi del chiostro sono documentati già dal 1477. In fase di costruzione del duomo barocco e durante il periodo della secolarizzazione dell´inizio del XIX secolo il chiostro subì notevoli danni. Nel 1842 iniziarono i primi lavori di restauro.

Non si pose mano tuttavia al restauro degli affreschi fino al 1890, soltanto dopo che Georg Tinkhauser ebbe informato nel 1855 l´imperial-regia Commissione Centrale di studio e conservazione dei monumenti architettonici, nel frattempo fondata a Vienna, del consistente degrado degli affreschi del chiostro e dopo averne compilato negli anni seguenti una descrizione storico-artistica.

In questa fase vennero impiegati diversi metodi e nacquero vivaci discussioni circa l’opportunità di integrare soltanto le parti mancanti, ovvero rispettare l’originale così com’era stato tramandato, e cioè con tutte le lacune. In conclusione vennero reintegrate e ridipinte cospicue parti mancanti, vennero ritoccati i contorni degli affreschi, impregnati di cera per dare loro lucentezza. Proprio la cera determinò in poco tempo un degrado notevole con la conseguenza che lo strato pittorico minacciò di screpolare. Per un certo periodo si rimase della convinzione che solo il distacco degli affreschi potesse risolvere il problema.

Tra il 1955 e il 1970 la Soprintendenza, allora di competenza statale, riuscì ad effettuare un nuovo restauro. Nell´ambito di questi lavori dovettero essere asportati gli strati di cera e le ridipinture. Gli strati di intonaco e pittorici vennero consolidati e puliti con cautela.

Le lacune vennero mantenute tali, circostanza questa che diede luogo a nuove discussioni. In seguito ad ulteriori manifestazioni di degrado negli anni Ottanta del XX secolo (distacchi di intonaci, cadute e polverizzazione dello strato pittorico, efflorescenze di sali e danni da umidità) si intraprese nel 1987, dopo la ricopertura dei tetti, le opere di deumidificazione e la sostituzione parziale del pavimento, una terza campagna di restauro per la quale la mano pubblica (Beni culturali) ha investito circa 550.000 euro solamente per le pitture murali.

Onde evitare ulteriori perdite l’Ufficio ha disposto un controllo continuo delle pitture e proceduto immediatamente tramite interventi finalizzati. Nell’ambito di tali controlli proprio le pitture delle arcate XIV e XV dovute alla bottega di “Leonardo di Bressanone” (1464 – 1473) con la rappresentazione delle sette gioie di Maria e di scene dell´Antico Testamento hanno rivelato danni recenti.

I provvedimenti adottati nel 1987 in seguito ad infiltrazioni d´acqua non sono stati in grado di rimuovere in modo duraturo le cause del degrado. Efflorescenze saline e la gessificazione dell´intonaco causata delle infiltrazioni avevano determinato la presenza di parti soggette a distacco e di velature bianche sulle superfici, nonché danni dovuti alla scarsa adesione dello strato pittorico.

Dopo un´indagine preliminare da parte della restauratrice dott.ssa Lucia Saccani e in seguito all´analisi chimica dei sali, nonché dei pigmenti e dei leganti, la Tutela dei Monumenti ha appaltato la pulitura, la rimozione delle ridipinture, la trasformazione dei composti di solfato e il consolidamento degli intonaci, ovvero la conservazione delle pitture murali secondo il cosiddetto “metodo al bario”.

Il restauratore Georg Gebhard di Velturno ha vinto la gara d’appalto e ha eseguito il restauro secondo questo metodo a partire dal maggio di quest´anno.

L’impiego dell’idrossido di bario come legante e per la trasformazione di materiali gessosi nel campo del restauro delle pitture murali è stato oggetto di assidue ricerche soprattutto dopo la disastrosa alluvione di Firenze del 1966 da parte dell’”Opificio delle Pietre Dure”. L´idrossido di bario non basta tuttavia ad attivare la trasformazione dei sali di solfato, in particolare del gesso.

Una prima reazione deve pertanto avere luogo tramite il trattamento con carbonato di ammonio, che funziona al tempo stesso come mezzo di pulitura. Il carbonato di ammonio trasforma il gesso (solfato di calcio) in solfato di ammonio, facilmente solubile e in carbonato di calcio/calce. Il calcio si deposita nell’intonaco e determina un primo consolidamento. Il solfato d’ammonio, facilmente solubile, viene trasformato dopo alcune settimane con impacchi di idrossido di bario in solfato di bario, di difficile solubilità.

Anche il solfato di bario ha una funzione consolidante, è abbastanza simile sul piano mineralogico al calcio e determina inoltre un effetto di profondità nei colori. Il suo impiego, effettuato peraltro in modo non esteso, bensì parziale in base alla necessità, è in realtà non reversibile, ma non pregiudica tuttavia interventi successivi di restauro.

È da notare che questo presuppone - a seguito delle indagini preliminari - una serie di verifiche, una grande cautela, conoscenze tecniche, presenza ed impegno da parte del restauratore, nonché una stretta collaborazione con l’Ufficio Beni Architettonici e Artistici.

Nel caso concreto il restauratore Gebhard ha fatto ricorso come consulente alla restauratrice Maria Rosa Lanfranchi dell´”Opificio delle Pietre Dure” di Firenze, che su invito dell’”Associazione Restauratori - Conservatori Alto Adige” ha anche tenuto il 13 luglio un’introduzione di un giorno alla teoria e alla prassi del trattamento delle pitture murali con bario idrossido. Grazie a questa iniziativa è stato possibile introdurre a questa metodologia un gruppo di restauratori e restauratrici.

È questo il primo impiego esteso di idrossido di bario in Alto Adige. Le osservazioni e i controlli degli prossimi anni indicheranno se il risultato attualmente positivo perdura e se le cause di degrado delle pitture murali delle arcate XIV e XV potranno essere rimosse in maniera più duratura di quanto fatto finora.

Le pitture murali del chiostro di Bressanone richiederanno anche in futuro un’osservazione e una manutenzione continua. Un prossimo restauro globale dovrebbe essere per quanto possibile procrastinato nel tempo, giacché ogni intervento comporta, in una misura più o meno ampia, anche una perdita per l’oggetto.

 

FG

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